ROMA. La scorsa settimana per la Juventus sono arrivate brutte notizie in merito al caso plusvalenze, con la Corte Federale d’Appello che ha accolto la richiesta della Procura Federale di revisionare le sentenze di proscioglimento in primo e secondo grado, penalizzazione di 15 punti per i bianconeri e raffica di inibizioni. Pochi minuti fa la FIGC ha diramato le motivazioni che hanno spinto la Corte ad inasprire le sanzioni nei confronti del club piemontese e dei suoi dirigenti:
IL VALORE DEGLI ATTI DELLA PROCURA DI TORINO
Il ricorso della Procura Federale dunque è risultato ammissibile in virtù della rivelante mole di documenti pervenuti dalla Procura della Repubblica di Torino, che hanno generato un quadro fattuale che nei primi gradi di giudizio non era noto alla Corte Federale che altrimenti avrebbe determinato decisioni diverse. La Corte inoltre ha precisato che “si tratta di un quadro fattuale sostenuto da una impressionante mole di documentazione probatoria. Per contro, non possono trovare accoglimento le contrarie eccezioni di inammissibilità (sotto plurimi profili) e tardività opposte dai deferiti. Quale prima ragione di inammissibilità, le difese dei deferiti, anche e soprattutto attraverso le deduzioni della FC Juventus S.p.A. (ma con argomentazioni variamente riprese anche dagli altri resistenti), hanno segnalato che all’istituto della “revocazione in malam partem ex art. 63 C.G.S.” debba essere assegnata natura eccezionale, “con la conseguenza che quanto meno se ne imponga un’interpretazione particolarmente rigorosa” (così in particolare la memoria della FC Juventus S.p.A. poi ripresa in corso di discussione orale). A dire della difesa dei deferiti, dunque, il carattere sostanzialmente penale della sanzione imposta dal CGS (soprattutto in caso di retrocessione o di penalizzazione nel punteggio) imporrebbe un ripensamento dell’istituto, anche nell’ottica di ritenere applicabile il principio del ne bis in idem. L’eccezione non è fondata. Pur essendo condivisibile l’assunto di partenza a proposito della natura eccezionale del mezzo di impugnazione in argomento e di una interpretazione rigorosa soprattutto in termini di decisività dei fatti prima non conosciuti o sopravvenuti (rigore che questa Corte non intende in alcun modo tradire), la stessa difesa della FC Juventus S.p.A. è poi costretta ad ammettere che l’ordinamento sportivo prevede una tale revocazione, in ragione dei caratteri di diversità e autonomia che lo connotano. Caratteristiche – quelle appena enunciate – che non consentono neppure di introdurre eccezioni di inconciliabilità tra la revocazione prevista dell’art. 63 CGS e i principi costituzionali anche afferenti il giusto processo”.
UNA QUESTIONE DI SISTEMA
La revisione della decisione è arrivata dunque perchè il quadro fattuale è radicalmente mutato con il “disvelamento della intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori. Il fatto nuovo – come è stato efficacemente sottolineato dalla Procura federale – è l’assenza di un qualunque metodo di valutazione delle operazioni di scambio e, invece, la presenza di un sistema fraudolento in partenza (quanto meno sul piano sportivo) che la Corte federale non aveva potuto conoscere e alla luce del quale la decisione deve essere diversa da quella qui revocata. Un quadro fattuale dimostrato dalle numerose dichiarazioni (derivanti dalle intercettazioni), dai documenti e dai manoscritti di provenienza interna alla FC Juventus S.p.A. e che hanno tutti una natura essenzialmente confessoria. Semmai, con una aggravante distintiva rispetto a qualunque precedente: proprio con specifico riguardo alla FC Juventus S.p.A., colpisce la pervasività ad ogni livello della consapevolezza della artificiosità del modus operandi della società stessa”.
IL LIBRO NERO DI FB
Dalle motivazioni spuntano inoltre dettagli importanti anche in merito ad uno dei documenti probatori più importanti, il Libro Nero dell’ormai ex diesse bianconero, che viene definito inquietante e non solo “non è mai stato disconosciuto dal redattore (Federico Cherubini) ed è stato difeso dalla FC Juventus S.p.A. che, unitamente al predetto dirigente, lo ha fatto proprio, solo proponendone una interpretazione diversa rispetto a quella offerta dalla Procura federale, sostenendo si trattasse di un normale “appunto” di lavoro. Ora, l’elemento dimostrativo più rilevante, ad avviso della Corte federale, non è solo il contenuto testuale di detto “Libro Nero di FP”, di per sé sin troppo esplicito. Rileva piuttosto (quale conferma irredimibile del relativo esatto contenuto) il contesto nel quale esso è stato redatto. Emerge, invero, che detto “Libro” fosse stato preparato dal Cherubini come documento da utilizzare nella propria discussione con Paratici in fase di negoziazione del proprio rinnovo contrattuale (la circostanza è confermata dalle stesse dichiarazioni del Cherubini; si veda il file n. 656108 trasmesso alla Procura federale dalla Procura della Repubblica). Naturalmente, non è qui rilevante operare interpretazioni esorbitanti o azzardare qualificazioni circa il comportamento in sé del Cherubini o il rapporto con Fabio Paratici. Ma ben si comprende, ad una lettura distaccata di una simile circostanza, la capacità disvelatrice di detto Libro Nero. È evidente che Cherubini era pronto a contraddire con Paratici per discutere il proprio contratto (accettandolo o rifiutandolo, non importa) ed era pronto a mettere sul tavolo della discussione quelle che lo stesso Cherubini riteneva essere importanti “differenze di vedute”: cioè il fatto che Fabio Paratici avesse costantemente operato attraverso un sistema di plusvalenze artificiali. Ed è chiaro che nello scrivere il “Libro Nero di FP”, Cherubini rappresentava fatti veri che oggi non possono più essere efficacemente rinnegati. È per questa ragione che il mancato disconoscimento del documento e la mancata presa di distanza da esso della FC Juventus S.p.A. – a prescindere da ogni ulteriore rilevanza – ha una portata devastante sul piano della lealtà sportiva. Da esso si trae la consapevolezza di un crescendo di difficolta economico-finanziaria della FC Juventus S.p.A. nel corso degli anni 2019, 2020 e 2021 (“come siamo arrivati qui?”) e della difficoltà di uscirne. E si individua anche il metodo rimediale che il Cherubini testimonia essere stato applicato da Fabio Paratici: “utilizzo eccessivo plusvalenze artificiali” (la cui conseguenza è un “beneficio immediato” ma anche un negativo “carico ammortamenti” per il futuro). Il contenuto del “Libro Nero di FP” costituisce un elemento oggettivo non equivocabile. Tanto più tenuto conto della circostanza (e vi si tornerà oltre più diffusamente) che scopo del processo sportivo non è, evidentemente, inferire la consumazione di eventuali fattispecie di illecito a carattere penalistico. Oggetto di giudizio è solo la violazione delle norme sportive: nello specifico, dell’art. 4, comma 1 e dell’art. 31, comma 1.”.
NON VALUTAZIONI MA COMPORTAMENTI SCORRETTI
La Corte dunque ha precisato che “oggi è mutato proprio il quadro fattuale nel quale ci si muove, radicalmente diverso da quello esaminato dalla
decisione revocata. Non si tratta di discutere della legittimità di un determinato valore in assoluto. Né di operare una valutazione del prezzo scambiato. Si tratta invece di valutare comportamenti (scorretti) e gli effetti di tali comportamenti sistematici e ripetuti sul bilancio. La Corte federale n. 0089/CFA/2021-2022, però, proprio su un tale profilo, aveva avvertito che non qualsiasi plusvalenza è legittima. Aveva poi segnalato il fatto che la carenza di parametri non consentiva di tradurre il sospetto in violazione, per questo chiedendo l’introduzione di disposizioni che operassero da sentinella anticipata rispetto a fenomeni che invece di essere fisiologici si trasformino in patologici, in modo anche da avvisare la società agente di avere oltrepassato i limiti della razionalità e della dimostrabilità. Ed un simile intervento normativo resta urgentissimo ancora oggi. Ma avere affermato un tale principio non legalizzava qualunque comportamento. Sotto tale profilo, la decisione revocata non ha nulla a che vedere con una preordinata intenzione di non utilizzare alcun metodo se non quello di una ricerca artificiale di plusvalenze come obiettivo e non come effetto delle operazioni condotte”.